LE ARMI ANTICHE DA COLLEZIONE

Di Andrea Romano Bonetti

Da molto tempo le armi del passato destano un interesse nell’ambito del collezionismo, arrivando ad occupare un loro piccolo spazio nel mercato antiquario di ogni cultura e latitudine. Nel mondo occidentale, già in Età antica, sappiamo che cimeli di battaglie passate venivano conservati ed esposti con intento celebrativo nelle residenze private e negli edifici di culto pubblici. Questa consuetudine rimase anche nei secoli successivi, dacché molte sono le notizie che documentano armi depositate in chiese, castelli ed arsenali del vecchio continente con funzione di ex-voto o prede di guerra, talora semplicemente esibite come oggetti d’ostentazione per richiamare un glorioso passato. Bisognerà tuttavia attendere la seconda metà del XVI° secolo prima che si abbiano notizie d’individui dediti alla raccolta di tali oggetti secondo un metodo e dei criteri di gusto. Da qui il passo per un avvio di tendenza fu breve e nell’arco di qualche decennio molte dimore nobiliari fecero presto sfoggio di singole pareti o interi saloni abbelliti da armature, armi bianche e da fuoco, accanto ad altre opere delle arti figurative e plastiche.

Con il declino delle élites aristocratiche e l’avvento dell’Età contemporanea saranno poi i nuovi ceti agiati sorti dallo sviluppo industriale a continuare questa tradizione collezionistica, arrivando talora a spendere cifre sbalorditive per assicurarsi gli esemplari di maggior prestigio e le opere dei maestri armaioli del passato. Di tale periodo, ad esempio, rimangono memorabili gli acquisti del magnate statunitense William Randolph Hearst il quale, per un’armatura tedesca della fine del secolo XV°, arrivò a spendere nel 1930 la somma astronomica, per allora, di ben sessantamila dollari.

Curiosamente, ma per inevitabile effetto dei corsi e ricorsi della storia, anche la vasta produzione bellica che caratterizzò l’epoca tra Ottocento e gli ultimi conflitti mondiali è finita per diventare essa stessa oggetto d’interesse collezionistico. Le nostalgie e il sentimento patriottico di molti senza dubbio contribuirono a dare origine e a trasmettere questa nuova preferenza, seppure sia altrettanto innegabile che al suo sviluppo abbiano concorso alcuni vantaggi, tra i quali l’ampio numero di armi ex ordinanza in commercio e un loro costo spesso inferiore rispetto al materiale pre-ottecentesco, entrambe circostanze che vennero favorite dal benessere di massa conosciuto dopo gli anni Sessanta del secolo scorso. Non è poi superfluo ricordare che dalla medesima forma di collezionismo ha preso piede anche la passione per tutto ciò che risultò di complemento agli eserciti moderni, fenomeno questo al quale è stato dato il nome di militària. Uniformi o semplici accessori come onorificenze, fregi o bottoni, oggettistica privata o d’ordinanza, documenti, stampe, dipinti, bandiere o modellini, ogni memoria insomma che in sé contenga le suggestioni di un passato militare desta interesse e attrae, non esclusi equipaggiamenti di impiego più recente, come quelli utilizzati dalle truppe statunitensi durante gli interventi militari nel Sud-est asiatico.

Il crescente diffondersi, sia del collezionismo d’armi più tradizionale che della militària, ha inoltre avuto come naturale conseguenza la creazione di nuove figure professionali, nuove case d’asta e la nascita di fiere tematiche, ma soprattutto l’affermarsi di un commercio tra i più specialistici e variegati del settore antiquario. Molti tra i rivenditori al giorno d’oggi esercitano la propria attività con un’offerta composita e differenziata, alcuni di loro qualificandosi persino nella vendita di accurate repliche, altri invece preferendo oggetti esclusivamente legati a momenti storici distinti, quali ad esempio l’epoca della Grandeur francese, il periodo militaristico germanico, quello risorgimentale italiano, i due conflitti mondiali, oppure i materiali da offesa e da difesa in uso nel Giappone antico e in quello del periodo imperiale.

Con la modernizzazione e crescita commerciale sono cambiati anche alcuni fattori e modalità che determinano la valutazione degli oggetti. Mentre infatti rimane consolidata dai tempi del connoisseur ottocentesco la pratica di attribuire un valore sulla base di età, rarità e stato di conservazione di un manufatto, l’importante parametro determinato dal rapporto della domanda-offerta conosce oggi una profonda e continua modifica, in particolare dovuta all’azione di nuovi influssi culturali e all’affermarsi di gusti sempre più diversificati. Rispetto ad un tempo, inoltre, l’introduzione delle nuove tecnologie multimediali ha reso protagonisti anche venditori e acquirenti occasionali i quali, con il proliferare in rete di piattaforme di vendita messe a loro disposizione, contribuiscono in buona misura a ridimensionare il valore di mercato di oggetti di costo medio-basso. Complice dunque la presenza preponderante del Web, le molte transazioni condotte online hanno finito per sottrarre margini di guadagno ai professionisti del settore e talora conferire maggior valore a oggetti un tempo sviliti poiché prodotti su larga scala. Tra le tipologie che negli ultimi anni hanno visto levitare la loro domanda vi sono le armi da fuoco con innesco a pietra focaia o a percussione (siano esse a retrocarica o avancarica), le baionette di ogni orizzonte cronologico: dalle prime tipologie “a tampone” fino ad arrivare alle più recenti dotate di aggancio rapido, ma anche armi d’uso civile, tra cui le diffusissime pistole a tamburo che adottarono munizioni brevettate dal francese Lefaucheux, meglio note nel nostro paese come cartucce “a spillo”. Analoga fortuna conoscono le armi bianche tribali o di realtà esotiche lontane, molte delle quali protagoniste della storia coloniale di alcuni stati europei. Così dunque i Guradè, i Sief, i Shotel del Corno d’Africa, i Kriss, Pedang e Klewang indonesiani, ma anche Tulwar, Khanda, Filangi, Thenga, Katar del subcontinente indiano, senza poi contare la miriade di tipi e varianti etniche un tempo in uso nell’Africa subsahariana e nel resto dell’Asia.

Inutile dire che il riversarsi sul mercato antiquario di molti di questi oggetti e la crescente domanda da parte dei collezionisti, hanno stimolato in Occidente lo sviluppo di una manifattura del falso, un tempo affermata e vivace nelle sole aree dell’Oriente interessate dal turismo di massa. Riconoscere una replica antichizzata non è sempre semplice, anche a causa delle tecniche di contraffazione affinate dall’esperienza. Negli ultimi anni veri e propri maestri della manipolazione e sofisticazione stanno dimostrando sui materiali abilità raramente raggiunte in passato, riuscendo a ricreare volumi, forme e patine che donano un aspetto “vissuto” pressoché simile al pezzo autentico. Fortunatamente grandi o piccole ingenuità da parte di questi artefici, siano esse costruttive, stilistiche o commesse durante il processo di invecchiamento, sono sempre presenti e spesso dovute a variabili come tempo e costi, cui non è possibile prescindere. Nel continuo confronto tra chi crea artefatti e chi è chiamato a smascherarli viene dunque premiata sempre quest’ultima categoria, a vantaggio della quale la tecnologia ha messo a disposizione strumenti di analisi all’avanguardia.

Da deplorare, infine, sono i comportamenti da parte di taluni operatori commerciali del settore, i quali troppo spesso acconsentono ad inserire ciclicamente nelle proprie vendite pezzi vistosi ma dubbi, nel tentativo di richiamare così l’attenzione degli acquirenti meno avveduti e smaliziati. Questa pratica, tuttavia, a lungo andare ottiene il solo risultato di far decadere l’immagine consolidata e il rapporto di fiducia costruito negli anni con i clienti.

In Italia la proprietà, il godimento, la detenzione e il trasporto di quasi ogni tipo di arma sono regolamentati da una fitta e complessa normativa che spesso disorienta chi dopo un ritrovamento in soffitta, un’inaspettata eredità o desideroso di avvicinarsi al collezionismo, entri in possesso di questi oggetti e voglia conoscere leggi e doveri ai quali doversi attenere. Benché le tipologie di armi siano molte e il loro campo di applicazione articolato, è possibile considerare come abituali interessi del collezionista le armi da fuoco o da sparo e quelle cosiddette “bianche” (da taglio, da punta, da botta etc.). Nella classificazione del legislatore le prime possono essere da guerra, comuni, da caccia o sportive e, infine, antiche. Tranne che in poche eccezioni le armi da fuoco destinate alla guerra e funzionanti sono per ovvie ragioni interdette al collezionista e chi accidentalmente dovesse ritrovarne una è chiamato a segnalarne la presenza quanto prima alle autorità di pubblica sicurezza. Le armi comuni da sparo, siano esse da caccia, sportive o destinate alla difesa personale (incluse alcune ad aria compressa), possono essere detenute dopo aver conseguito apposita licenza del Ministero dell’Interno e averle denunciate a Polizia o Carabinieri. Analogamente sono soggette a obbligo di denuncia e possesso di licenza le armi bianche considerate proprie, ossia atte ad offendere, siano esse antiche oppure no. Ammettendo che la maggior parte dei collezionisti sia orientato verso armi classificate come antiche, diventa utile aggiungere che la legislazione del nostro paese ha voluto considerare come tali le sole armi ad avancarica e le restanti tipologie fabbricate prima del 1890, armi bianche incluse. Tutti coloro che intendessero collezionare armi antiche, artistiche o rare in numero superiore a otto sono obbligati al possesso di una licenza specifica per tale genere, mentre chi si trovasse nella condizione di possederne un numero inferiore è unicamente tenuto a denunciare gli oggetti al locale ufficio di pubblica sicurezza o al comando dei carabinieri in cui risiede. A quanti inoltre volessero trasportare singoli pezzi o intere raccolte entro il territorio nazionale, vige l’obbligo di avviso alle medesime autorità. Una breve precisazione è dovuta per quanto riguarda il concetto di armi artistiche e rare di importanza storica. Secondo la legge le prime “presentano caratteristiche decorative di notevole pregio o sono realizzate da artefici particolarmente noti”, mentre le seconde “si rinvengono in numero limitato o sono collegate a personaggi o ad eventi di rilevanza storico-culturale”.

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